di Isabelle Allende (Feltrinelli)

6 dicembre 1991. Paula, la giovane figlia della Allende, viene ricoverata in un ospedale di Madrid a causa di un attacco di porfiria, una malattia rara che la riduce di lì a poco in coma vegetativo.
Da quel 6 dicembre Isabel si strugge al capezzale di quella figlia che non risponde più ai suoi richiami. Entra così in una spirale di angoscia. Confusa, disperata, cede all’invito della sua agente letteraria e si butta sulla risma di carta che le è stata donata, come un naufrago che si aggrappa a una scialuppa di salvataggio, per non annegare in un mare cupo di desolazione. Scrive per riempire il vuoto di quei giorni dominati dall’assenza di gesti. Scrive per lenire il tormento, per non sentirsi sopraffatta dal silenzio, per cercare un senso, per non perdersi definitivamente. Ricorda. La sua infanzia, la famiglia, l’adolescenza. Ricorda la sua terra, il legame profondo che la lega al Cile; si perde nei paesaggi, si inebria di quei profumi che restano vividi nei ricordi di una fuggiasca che ha dovuto riparare in America per sfuggire, come tanti, alla dittatura di Pinochet.
Racconta la sua storia affollata di accadimenti, gli amori che l’hanno consolata, a volte travolta, racconta i suoi errori chiedendo perdono a quella figlia che non può più ascoltarla, come se i ricordi avessero il potere di ancorarla alla terra.
6 dicembre 1992. A un anno esatto di distanza Paula muore circondata dalla sua famiglia. Muore con la benedizione di sua madre ormai rassegnata alla necessità di lasciarla andare. Muore restando viva in quei ricordi teneri e struggenti che la renderanno cara anche ai tanti che l’hanno conosciuta e la conosceranno attraverso le pagine di questo splendido libro intriso di sofferenza e speranza, crudo, ardente, spietato e appassionato come l’essenza della vita stessa.
Buona lettura a tutti voi.

LA CITAZIONE:

“”Nella dimensione del cosmo e nel tragitto della storia siamo insignificanti, dopo la nostra morte tutto continua uguale, come se non fossimo mai esistiti, ma nella misura della nostra precaria umanità tu, Paula, sei per me più importante della mia stessa vita e della somma di quasi tutte le vite altrui.”

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